Sentiamo spesso parlare di greenwashing (vedi anche un altro nostro articolo qui). Ecco di cosa si tratta: il fenomeno è molto simile al marketing che viene fatto pubblicizzando attività di aziende che sembrerebbero pulite, mentre invece nascondono dietro processi aziendali non sostenibili e che danneggiano l’ambientale.
Naturalmente queste sono attività contestate e spesso illegali ed è arrivata la prima ordinanza in Italia per punire una comunicazione ingannevole relativa ai prodotti green.
Un’azienda da anni impegnata sul tema della sostenibilità ha chiamato in causa un competitor che usava false claims, aggiudicandosi una vittoria storica in tribunale tramite ordinanza cautelare.
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Greenwashing. Il caso è Alcantara vs Dinamica by Miko
Alcantara ha contestato a alla Dinamica by Miko l’utilizzo di una serie di contenuti informativi circa il materiale Dinamica. Nel mirino sono finiti messaggi come “prima microfibra sostenibile e riciclabile”, “100% riciclabile”, “riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2 dell’80%”, “amica dell’ambiente”, “scelta naturale” e “microfibra ecologica”.
Il Greenwashing e l’ordinanza contro la società condannata
La punizione per questo comportamento sleale di greenwashing, assegnata a Dinamica by Miko, consiste nella diffusione capillare e diretta a tutti i contatti presenti e futuri (con tutti i mezzi digitali disponibili, inclusa la stampa) del testo dell’ordinanza stessa (qui il link dell’ordinanza sul sito della Dinamica by Miko)
Ciò che emerge da questa ordinanza in modo inequivocabile riguarda in particolare le regole per la comunicazione in tema di sostenibilità tipiche e diverse da quelle della pubblicità tradizionale: è necessario che le dichiarazioni ambientali green siano corroborate sempre da dati scientifici, comprovati da enti certificatori esterni e devono bandire il generico; in altre parole devono essere “chiare, veritiere e accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”.
Il Greenwashing e la tutela del Consumatore
Dall’altro lato, emerge come i claims falsi in tema di ambiente danneggino tutti: i consumatori impedendone una scelta consapevole, le aziende sempre più attente all’ambiente danneggiate dal greenwashing inteso come forma di concorrenza sleale e il sistema finanziario poiché si rischia di orientare investimenti verso aziende non seriamente impegnate nella transizione ecologica.
L’ordinanza si fonda sul fatto che “la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto”. La tutela del consumatore è richiamata nel provvedimento dai principi contenuti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
In Italia, a tutela del consumatore e delle stesse aziende vige il controllo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha la possibilità di agire d’ufficio per punire i comportamenti scorretti sotto forma di pubblicità ingannevole e si concorrenza sleale; stesso controllo che è previsto a tutela delle società benefit così come previsto ai sensi della L. 208/2015, sua normativa istitutiva, all’art. 1 comma 384.