Le società benefit sono società commerciali “tradizionali” ed enti profit che hanno comunque uno scopo di lucro, potendo assumere la veste giuridica degli enti previsti dal Codice civile ma hanno maggiori obblighi che impegnano il management e gli azionisti a standard più elevati, oltre che di scopo,di sostenibilità, responsabilità e trasparenza.
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Che cosa sono le Società Benefit
Le società benefit sono società commerciali “tradizionali” ed enti profit che hanno comunque uno scopo di lucro, potendo assumere la veste giuridica degli enti previsti dal Codice civile ma hanno maggiori obblighi che impegnano il management e gli azionisti a standard più elevati, oltre che di scopo,di sostenibilità, responsabilità e trasparenza.
Si tratta di società che, nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed ogni altro portatore di interesse.
Quali sono le finalità delle Società Benefit
Tali finalità, indicate nell’ambito delle attività dell’oggetto sociale, sono perseguite dalla società attraverso una gestione responsabile, sostenibile, trasparente e mirata a bilanciare, da un lato, gli interessi dei soci e, dall’altro, l’effettivo perseguimento di effetti positivi, o la riduzione di effetti negativi, su uno o più dei suddetti ambiti. Infatti, il comma 379 della citata legge, stabilisce che la società benefit indichi nell’oggetto sociale le finalità di beneficio comune che intende perseguire.
Al fine di garantire la trasparenza del proprio operato, la società benefit ha l’obbligo di redigere annualmente una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio societario e pubblicare nel sito internet della società.
Quali sono i vantaggi fiscali previsti dalla normativa odierna
Nell’intenzione del legislatore non vi era e non vi è stata nei primi 4 anni di vita della normativa benefit la previsione di agevolazioni fiscali a favore delle stesse, poiché si ritiene che la scelta di diventare società benefit debba prescindere dagli incentivi fiscali ma partire da una consapevolezza degli imprenditori di agire per il bene non solo dell’impresa ma anche di tutti i portatori di interesse, della comunità e dell’ambiente.
Nel decreto rilancio, al fine di promuovere l’ecosistema delle società benefit, è stato però previsto il credito d’imposta una tantum per la costituzione e la conversione delle società benefit nella misura del 50% dei costi di costituzione o trasformazione in società benefit sostenuti dalla data di entrata in vigore della Legge e fino al 31 dicembre 2020, nel rispetto della disciplina europea e sugli aiuti di stato. Successivamente il decreto Milleproroghe ha prorogato la scadenza del 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021. Successivamente, la legge di conversione del decreto Sostegni bis ha previsto un’ulteriore proroga al 31 dicembre 2021 modificando l’art. 38 ter 1° comma del Decreto rilancio.
La proroga si è resa necessaria perché non era stato ancora emanato il decreto attuativo con il quale Mef e Mise avrebbe dovuto dare indicazioni sulle modalità e criteri di attuazione.
Inoltre, è stato inserito dopo il 2° comma una disposizione che prevedel’ampliamento dei costi agevolati.; ovvero “Tra i costi di costituzione o trasformazione sono compresi quelli notarili e di iscrizione nel registro delle imprese nonché le spese inerenti all’assistenza professionale e alla consulenza sostenute e direttamente destinate alla costituzione o alla trasformazione in società benefit. L’importo massimo utilizzabile in compensazione con modello F24 è fissato in 10.000 euro per ciascun contribuente”.
Al fine di consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, previa emanazione del decreto attuativo di cui si è ancora in attesa, l’Agenzia delle Entrate con propria risoluzione dovrebbe istituire un apposito codice tributo e impartire le istruzioni per la compilazione del modello F24.
Quali vantaggi fiscali dovrebbero essere previsti dalla legge
Ma sarebbe anche auspicabile, per evitare eventuali contestazioni, ad esempio che siano specificatamente individuate le spese ammissibili, in particolare le spese inerenti all’assistenza professionale e alla consulenza sostenute e direttamente destinate alla costituzione o alla trasformazione in società benefit.
Si propone che:
oltre a considerare ammissibili al credito d’imposta:
- le spese notarili e legali connesse alla costituzione o alla trasformazione in società benefit e di registrazione al registro imprese (così come previsto all’art.19 bis)
anche che
siano esplicitamente dettagliate «le spese inerenti all’assistenza professionale e alla consulenza sostenute e direttamente destinate alla costituzione o alla trasformazione in società benefit»,
ovvero:
b) spese di consulenza connesse alla individuazione e determinazione degli obiettivi di beneficio comune di cui ai commi 376 e 377 della Legge 208/2015;
c) spese di consulenza e le spese operative connesse al primo anno di redazione della relazione d’impatto, per la misurazione e valutazione degli impatti genatati;
d) spese di formazione e engagement di tutti i dipendenti e collaboratori nonché soci della società costituita o trasformata nel percorso di cambiamento “benefit” intrapreso.
Credito d’imposta come premialità
Vi è la necessità di dare certezza agli imprenditori che in questo particolare periodo di emergenza e difficoltà economica hanno scelto comunque di investire nelle proprie imprese diventando società benefit, e poter avere in tempi brevi dopo la pubblicazione della Legge di Conversione in GU un provvedimento per rendere da subito immediato il credito di imposta.
Si ritiene che la “premialità” insita nel credito di imposta “una tantum” a favore delle società benefit, in questo particolare periodo di emergenza, debba essere giustificata dalla volontà di queste imprese di fissare nel proprio statuto ulteriori attività aventi finalità di beneficio comune con un aggravio dei costi di investimento per la loro realizzazione.
Una peculiarità delle società benefit è rappresentata dall’impegno assunto dai soci di creare valore ma anche dall’obbligo di misurare e valutare gli impatti generati dalla propria attività, in particolare nel territorio in cui l’impresa opera, al fine di rendere conto a tutti gli stakeholders coinvolti direttamente o indirettamente.
L’impatto della pandemia sta accelerando la transizione verso modelli più sostenibili, volte alla valorizzazione e protezione del capitale umano, alla gestione dei rischi e allo sviluppo delle comunità e del territorio e in cui la massimizzazione del profitto cede il passo alla creazione di valore condiviso. La mitigazione delle aziende agli effetti dei cambiamenti climatici, una delle più grandi sfide del secolo, sarà indispensabile per garantire la sopravvivenza delle aziende stesse nel lungo periodo.
Ciò è confermato da recenti studi come quello realizzato da Banca Ifis, secondo il quale la sostenibilità per le PMI italiane è sempre più un obiettivo e un valore:
Infatti, quasi 4 PMI su 10 investe in sostenibilità, il 38% hanno già investito in sostenibilità: di queste il 42% investono sia in sostenibilità ambientale sia sociale, il 33% solo in sostenibilità ambientale e il 25% in sostenibilità sociale. Sempre nella stessa ricerca è emerso che 7 PMI su 10 sono interessate al tema della sostenibilità e il 67% ritiene importante la sostenibilità: di queste il 74% ritiene la sostenibilità un dovere che l’impresa ha nei confronti del territorio e della comunità e il 16% la ritiene un fattore fondamentale per la competitività.
È proprio per tale motivo che non bisogna lasciare nell’incertezza gli imprenditori che si affiancano allo Stato con le loro virtuose scelte nel rispondere ai bisogni dei cittadini. Si rafforzerebbe quel rapporto di fiducia tra Imprese e Stato e soprattutto quel rapporto di collaborazione e compartecipazione, insito nel principio di sussidiarietà previsto dall’art.118 della Costituzione, con cui le imprese possono affiancarsi allo Stato nel soddisfare bisogni nuovi e a volte latenti dei cittadini e della società civile in genere. Molto spesso le attività individuate dalle società benefit nel loro statuto, come attività aventi finalità di beneficio comune, contribuiscono a “sopperire” a quelle mancanze dello Stato che purtroppo non è più in grado di soddisfare.
Il PNRR e il riordino del Codice degli Appalti: ambiente e sociale come fattori premianti
C’è da dire, inoltre, che anche il PNRR rappresenta per le imprese una grande opportunità per concretizzare la sfida di Industry 4.0 in chiave di sostenibilità: vi è l’impegno di molte PMI, tra cui le società benefit, ad accelerare sulle scelte di sostenibilità grazie a questa possibilità offerta; imprese coraggiose che scelgono di investire per realizzare modelli di business innovativi e capaci di migliorare il mondo.
Novità anche dal lato degli appalti pubblici. Il Consiglio dei ministri, infatti, lo scorso 30 giugno ha approvato la riforma numero 3 del Pnrr, ovvero il disegno di legge delega di riordino del codice degli appalti con l’obiettivo di rendere migliore la gestione degli investimenti pubblici, rendere più rapide le procedure assicurando tempi certi per la realizzazione delle opere in linea con i principi di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Lo scopo è fare presto e fare bene, aumentando la sicurezza dei luoghi di lavoro, la tutela dei lavoratori, la trasparenza e la legalità.
In particolare, nei bandi di gara saranno inserite «clausole sociali e ambientali come requisiti necessari o premiali dell’offerta al fine di promuovere la stabilità occupazionale, l’applicazione dei contratti collettivi, le pari opportunità generazionali e di genere».
Le società benefit sono avvantaggiate in questo perché sono portatrici di questi valori individuate molto spesso anche nelle loro attività aventi finalità di beneficio comune.