Pubblichiamo la lettera aperta che Pietro Semeraro, Avvocato tributarista e Partner Taxlit, ha voluto condividere con noi di Next Eu
Carissimo Presidente Sponziello,
ero già intervenuto su queste pagine per rilevare come fra i “meandri” del PNRR si parlasse anche di giustizia tributaria (leggi qui l’articolo). Nel Piano, infatti, si faceva espressamente riferimento alla necessità di modificare la giustizia tributaria, per garantire un effettivo innalzamento della qualità delle sentenze delle Commissioni Tributarie e conseguentemente, alleggerire anche il carico attualmente pendente nella Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Bisogna ricordare, infatti, che attualmente – sebbene nelle aule della giustizia tributaria vengano discusse (fra primo e secondo grado) controversie per circa 20 miliari di euro l’anno (dati del 2019) – i giudici tributari sono ancora esclusivamente onorari, ovvero impiegati a tempo parziale e non scelti per concorso; questi giudici, infatti, provengono o dalle altre magistrature (civile, penale o amministrativa, per intenderci) oppure dal mondo delle professioni (e neppure sempre da professioni troppo affini al mondo fiscale!).
Ebbene, in questi mesi si è discusso molto sul tema della riforma della giustizia tributaria e pare che, adesso (finalmente), anche grazie alla decisiva spinta del PNRR, i tempi siano ormai maturi.
Lo scorso 17 maggio, infatti, il Consiglio dei ministri ha licenziato lo “Schema di disegno di legge recante Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari”, attualmente al vaglio delle Camere.
Il DDL prevede, anzitutto, la radicale riforma degli organi della giustizia tributaria che sarà (ove la riforma dovesse superare il vaglio parlamentare, si intende) affidata ad una “nuova” classe di magistrati tributari selezionati per concorso pubblico per esami e destinati a tempo pieno alla gestione della giustizia tributaria.
Si prevede, poi, che la nuova magistratura tributaria sia destinataria del medesimo trattamento economico previsto per i magistrati ordinari, fornendo un riconoscimento adeguato, anche dal punto di vista monetario, ai soggetti deputati a svolgere un ruolo così tanto delicato.
Al fine di dedicare maggiore risorse e attenzioni alle cause di maggior rilievo, si prevede l’assegnazione al giudice monocratico dei ricorsi di primo grado concernenti controversie di valore fino a 3.000 euro.
Il DDL contiene, naturalmente, molte altre norme tecniche sulle modalità di svolgimento del concorso pubblico, oltre che talune modifiche alla disciplina del processo tributario; ma ciò che maggiormente conta è il principio ispiratore della riforma: superamento del concetto per cui la giustizia tributaria debba essere rimessa a giudici part-time e non sempre specializzati, a favore di un nuovo paradigma, a tutto beneficio (si spera) della chiarezza nei rapporti fra Fisco e contribuente, prerequisito per attrarre capitali e incentivare investimenti (italiani e non solo).
Se la specializzazione del giudice tributario, tramite l’introduzione di una “vera” magistratura professionale e tecnicamente preparata, è viatico per l’innalzamento della qualità delle sentenze tributarie, non si deve però dimenticare anche la necessità di fornire adeguati e migliori infrastrutture alle Commissioni Tributarie, che in questi mesi di digitalizzazione “forzata” (dovuta alla pandemia) hanno mostrato tutti i propri limiti, finendo per limitare anche il corretto e pieno esercizio del diritto di difesa dei contribuenti (basti pensare alla estrema difficoltà di celebrare le udienze in video-conferenza per l’assenza di connessioni internet adeguate). Chissà che in PNRR non possa aiutare anche in questo.
Intanto, il primo passo verso una giustizia tributaria più moderna è stato mosso e di questo dovremmo rallegrarci tutti.
Un caro saluto, Pietro Semeraro (Avvocato tributarista in Milano e Partner Taxlit)