Da Sud: PNRR, Sviluppo e Sicurezza

Si è discusso di PNRR questa mattina, al Teatro Apollo di Lecce, alla presenza dei Ministri Luciana Lamorgese e Roberto Cingolani e del Sottosegretario di Stato con delega agli affari europei, Vincenzo Amendola: appuntamento che fa parte della rassegna “Da Sud”, organizzata dal senatore Dario Stefàno.


Il Sottosegretario Amendola si è incentrato sull’importanza di una solida concertazione fra tutti gli attori sociali (sindacati, Confindustria, Parlamento, Governo, Regioni, Comuni, ecc.) da qui al 2026: «Il senso di ciò che siamo chiamati a realizzare, per quello che abbiamo vissuto con il covid e per quello che abbiamo negoziato, è che questa è una vera missione nazionale (come hanno detto gli stessi Draghi e Mattarella) quindi o la si interpreta così o sprecheremmo una enorme occasione: non dobbiamo guardare alle divisioni o ai partiti. Nella storia dell’Europa questa é stata la prima grande manovra importante: abbiamo delle risorse da programmare entro il 2026, a fronte di un forte problema di occupazione femminile e questo è un problema non solo di produttività ma di giustizia sociale,
poi abbiamo un problema generazionale. Siamo un paese vecchio. Allora è missione nazionale non solo perché abbiamo ottenuto qualcosa di storico ma perché per la prima volta questa classe dirigente ha l’opportunità di costruire con dei tempi, degli obiettivi e dei target chiari, come le indicazioni per la transizione digitale, le basi per i prossimi anni. Siamo consapevoli che in molte procedure servirà il silenzio assenso rafforzato, servirà il potere di sostituzione di ultima istanza, perché se qualcuno blocca una procedura, è importante che qualcun altro vada avanti, perché la velocità è tutto e lo abbiamo capito in questo periodo di pandemia.


Abbiamo dimostrato che il Paese quando è coeso e unito sa reggere e questa è una missione nazionale che unifica. Questo governo dovrà trasformare il nostro Paese in maniera coesa abbiamo un grande patrimonio da passare alle nostre generazioni: non lo sprechiamo con le solite liti».
In video-collegamento poi abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci col Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che ha aperto gli occhi sul fatto che non ci sarà transizione ecologica se non ci sarà una parificazione a livello globale, per cui i Paesi ricchi dovranno impegnarsi ad aiutare i Paesi più vulnerabili. Del resto, i
dati delle Nazioni Unite ci riportano oltre 400mila morti a causa del cambiamento climatico e degli eventi catastrofici e la decarbonizzazione (dimezzare del 50% l’emissione di carbone rispetto ad un trentennio fa) è uno dei primi obiettivi del Piano. Sempre in tema di salvaguardia dell’ambiente, in Italia sarà presto previsto un grande progetto del PNRR per il recupero del Po.

Anche la Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha ribadito che l’Europa sarà chiamata ad avviare dei partenariati con i Paesi Terzi e ha poi raccontato la sua esperienza durante il delicato periodo dei primi mesi di pandemia da COVID-19, un monito per non disperdere i fondi e non indirizzarli verso la criminalità: «Nel periodo di chiusure col rischio di non riaprire più c’è stata molta preoccupazione di fare arrivare immediatamente delle risorse perché arrivassero ai comuni, a coloro che si trovavano in difficoltà. Le risorse però non devono andare a finire nelle mani sbagliate perché la criminalità organizzata purtroppo riesce ad adattarsi e ad arrivare velocemente ai nuovi scenari, presentandosi spesso come “welfare” alternativo. Tutto deve invece avvenire nei tempi giusti e in maniera corretta».

In conclusione, fa riflettere l’interrogativo posto dal vicesegretario generale della Cgil, Gianna Fracassi: «Che cosa vuol fare il nostro Paese per evitare il conflitto tra transizione e coesione sociale e per evitare che i fondi vengano perduti? Stiamo attenti, perché questo piano potrebbe significare nuove opportunità, nuove filiere, nuovi posti di lavoro, non riguardando un solo settore: ci sarà chi ne verrà investito anche trasversalmente. Questo significa fare delle cose molto concrete: oltre a spendere dobbiamo pensare che queste risorse serviranno per nuove frontiere e non per la gestione di nuove energie rinnovabili di altri Paesi. Il nostro problema più grande è non aver fatto programmazione negli ultimi vent’anni ed occorrono strumenti di partecipazione, che mettano tutti nella condizione di inserirsi in questo piano».

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