“DA SUD”: il PNRR visto dal Mezzogiorno. Terzo appuntamento

Con l’appuntamento di sabato scorso presso il Teatro Apollo di Lecce termina il ciclo di incontri organizzato dal senatore Dario Stefano, “Da Sud – PNRR è Mezzogiorno”: a condurre i lavori questa volta il giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone, che con lo spirito del “talk show” ha mantenuto alta l’attenzione della platea, intervallando sapientemente gli argomenti e il confronto sui numerosi temi che sono stati approfonditi nel corso della lunga mattinata. Si è parlato di sviluppo delle reti ferroviarie, anche storiche, di asilo nido, di sanità e prevenzione, di ricerca e università, di turismo, di imprenditoria.

Pungente il monito di Dario Stefano: «Io mi aspetto dal “Next” che ci dia una mano a risolvere il tema dei diritti universali al Sud, io voglio viaggiare al Sud come si viaggia a Milano: mi sento come un cittadino del Terzo Mondo ogni volta che per lavoro devo fare vai e vieni da Roma! Idem per la sanità. La filiera del turismo ci chiede ogni giorno delle figure professionali, quella agroalimentare e quella enogastronomica che negli ultimi anni sono cresciute enormemente! Non possiamo solo “formare formatori”. Gli step ai quali ci chiama l’Europa sono intransigenti: dobbiamo qualificare i centri di spesa. L’Europa ci dà degli indirizzi stringenti e questo secondo me aiuta a spendere meglio».

«I due cardini fondamentali del PNRR sono la transizione ecologica e quella digitale – ha sottolineato Cecchi Paone – e questo implica nuovi mestieri, nuove opportunità di lavoro e magari far ritornare quanti sono andati all’estero: occorrerà prestare molta attenzione alla formazione. Abbiamo già ricevuto i primi 20 miliardi e non accadeva dai tempi del piano Marshall, che ci ha consentito, dopo la Seconda Guerra Mondiale, di ricostruire un paese andato in macerie ma anche di costruire strade, ponti e aeroporti di cui non eravamo dotati. Quindi questa è davvero un’occasione d’oro: ora o mai più».

A prendere parte al convegno, la Ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, il Rettore dell’Università del Salento Fabio Pollice, il cofondatore di Base Italia Marco Bentivogli, il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, Giorgio Centurelli (dirigente del servizio centrale per il PNRR, Ministero dell’Economia e delle Finanze), Gianfranco Viesti, professore ordinario all’Università di Bari e in video-collegamento Giuseppe Catalano (Ministero delle Infrastrutture).

Il Rettore dell’Università del Salento, Fabio Pollice, ha posto l’accento sulla coesione fra ricerca ed enti locali: «Siamo noi comunità territoriali a dover portare avanti questo progetto di sviluppo. Le risorse arriveranno dall’Europa, ma la responsabilità è nostra, dei territori. L’Università del Salento ha avviato un processo di retizzazione con gli enti locali, perché abbiamo bisogno di coesione, di convergenza strategica fra tutti gli attori locali: mai come ora abbiamo c’è bisogno di essere uniti e di portare avanti un progetto corale, che coinvolga tutte le istituzioni, pubbliche e private. Solo attraverso un’integrazione efficace tra i vari livelli di governo (locale, regionale, nazionale ed europeo) potremo portare avanti un modello di sviluppo. Un’altra cosa su cui siamo chiamati ad impegnarci è l’equità: se non ci sarà giustizia ma divario sociale, non riusciremo a realizzare una vera coesione. È importante invece che le risorse siano per tutti e per tutta la comunità».

Prezioso anche l’intervento di Giorgio Centurelli, che ha spiegato che l’80% dei fondi è destinato al Sud, poiché è in condizioni di arretramento rispetto al Nord. In particolare, nel Piano è stata inserita la cosiddetta “Clausola Sud”, che impone il rispetto della normativa con un controllo ad opera del Ministero del Sud: le amministrazioni centrali titolari saranno chiamate a verificare, anche attraverso bandi, che almeno il 40% delle risorse sia destinato alle Regioni del Mezzogiorno.

Cecchi Paone ha allora allertato tutti: «Noi dovremo essere i cani da guardia per i governatori: “state rispettando la quota del 40% per il Sud? Vi votiamo! Non la state rispettando? Non vi votiamo!”» ed ha continuato chiedendo agli studenti presenti il significato etimologico della parola “resilienza” e qualcuno ha prontamente e giustamente risposto che si tratta della capacità di resistere all’urto, mantenendo la struttura originaria, senza rompersi, non cedendo sulla propria struttura di fondo, che si tratti di un materiale o di una società.

ASILI NIDO E PARITÀ DI GENERE

Gianfranco Viesti, professore ordinario all’Università di Bari, ha invece esordito con una precisazione terminologica: «Io non lo avrei mai chiamato “piano di resilienza”. L’Italia non ha bisogno di resistere ma di trasformarsi. Quello spagnolo infatti si chiama “piano di trasformazione”. Il 40% per ogni bando è in realtà una cifra molto rozza, perché in alcune misure al 40% ci si può anche non arrivare, per altre è niente: prendiamo il caso dei 4,6 miliardi per gli asili nido, una misura essenziale non solo per abilitare la partecipazione femminile al mercato del lavoro ma anche per dare ai cittadini che nascono delle prospettive di vita migliori. Ebbene, alcune Regioni sono sopra all’obiettivo del 33%, mentre la Campania e la Calabria sono sotto il 10%, quindi c’è il problema di livellare l’intero Paese. E questo è un problema di parità di genere, che è sempre molto evocata ma poco praticata. Il primo bando ha allocato al Sud il 54%, che è insufficiente, quindi occorre entrare nel merito e discutere molto nel merito. Altro problema che dovrebbe prevedere una trasformazione: il governo sta un po’ sottostimando la circostanza che le amministrazioni comunali di oggi hanno in medio il 25% del personale, che è vecchio e molto spesso non formato. La fanteria del PNRR sono i comuni: sono loro che devono progettare e realizzare entro l’agosto del 2026».

Per il Ministero delle Infrastrutture, Giuseppe Catalano ha snocciolato il tema dell’alta velocità al Sud: «Rischiamo di avere più risorse che progetti. Possiamo avere qualsiasi cifra ma se non abbiamo progetti cantierabili, realizzabili, non ci sarà vincolo di spesa che tenga. Purtroppo nel PNRR di strade non ce ne sono, perché l’Unione europea non vede di buon occhio il consumo di nuovo suolo. A noi allora servirà mettere le risorse per le strade, progettando le nel modo nuovo ed ecosostenibile, nel fondo Sviluppo e Coesione, che è un fondo nazionale di oltre 50 miliardi di euro, di cui ribadiamo che l’80% andrà al Sud e dove questo vincolo non lo abbiamo».

LE FERROVIE STORICO-TURISTICHE

«Sono previsti investimenti importanti per il ripristino di reti ferroviarie abbandonate in passato: emblematica la ferrovia della Sardegna, Trenino Verde, la più bella al mondo, purtroppo abbandonata da alcuni anni e che invece verrà finanziata grazie al PNRR. Bisogna investire sul Tirreno ma anche sull’Adriatico e sullo Ionio» ha aggiunto Catalano.

LA SANITÀ

Infine, la Ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, da medico si è pronunciata anche sulla sanità e sul ruolo fondamentale della prevenzione, affermando che crede molto nella pubblica amministrazione e nel fatto che «non possiamo prescindere dal capitale umano, che è spesso scarso da noi, non solo per quanto riguarda i medici ma anche gli infermieri e gli operatori sanitari in generale».

L’UNIVERSITÀ

La Ministra ha concluso affermando che «Ci sono risorse che vanno abbinate a quelle nazionali e c’è un problema di disallineamento fra domanda e offerta: si investe oggi, ma a lungo termine, per dare la possibilità ad atenei e non solo di investire sulla formazione in maniera più consistente. Questo è un Paese che ha pochi laureati rispetto al resto del mondo e pochi tecnici perché gli istituti tecnici superiori non hanno preso piede e c’è un concetto di competenze altalenante perché c’è un periodo in cui si richiedono competenze e un periodo in cui le competenze non servono a niente. Una linea ci mette affianco all’Istruzione, si cercherà di rafforzare le residenze cittadine per gli studenti, i “campus”, perché i giovani oltre a studiare hanno bisogno di un ambiente stimolante, oltre alle borse di studio e alla mobilità per permettere di studiare altrove rispetto al paese d’origine».

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