Autonomia differenziata e Goal 10 Agenda 2030 sono compatibili?

A questa domanda risponde Marco Sponziello Presidente dell’Associazione Next Eu per lo sviluppo sostenibile e Docente di Geografia Economica. L’autonomia differenziata rappresenta un tema centrale nel dibattito politico ed economico italiano soprattutto oggi, dopo l’approvazione definitiva della legge. Tuttavia, afferma Sponziello «l’introduzione di questo modello rischia di entrare in conflitto con gli obiettivi di coesione sociale e territoriale promossi dall’Agenda 2030 dell’ONU (e quindi con la Next Generation Eu, la politica di crescita post-pandemica adottata dall’UE e il PNRR italiano strutturato di conseguenza). In particolare – continua il Presidente di Next Eu – l’Obiettivo 10 dell’Agenda ONU mira a “ridurre le disuguaglianze all’interno dei e tra i Paesi”. Premesso che “all’interno dei” nel caso italiano si traduce in “tra Nord e Sud del Paese” esaminando i dati economici e sociali attuali vediamo subito risultare evidente come l’autonomia differenziata possa amplificare le disparità già esistenti tra Nord e Sud Italia, minando gli sforzi per una crescita inclusiva e sostenibile»

Quali le differenze di reddito tra Nord e Sud Italia? Secondo i dati ISTAT del 2023 e 2024, esiste un marcato divario territoriale nella distribuzione del reddito e nella capacità di spesa delle famiglie italiane. Nel 2022, l’83% delle famiglie italiane, pari a 218 milioni di persone, si è trovato in condizioni di povertà assoluta. Questo fenomeno colpisce in modo particolare il Sud Italia, dove oltre 18 milioni di persone vivono in una condizione di grave deprivazione materiale e sociale. Secondo il prof. Sponziello «la disparità economica tra Nord e Sud è un chiaro indicatore della necessità di politiche che promuovano equità e coesione territoriale.»

Impatto dell’inflazione e disparità economiche. Nel 2022, secondo i dati forniti da SVIMEZ, l’accelerazione dell’inflazione ha eroso significativamente il potere d’acquisto delle fasce più deboli della popolazione. Le famiglie del Sud hanno visto il loro reddito disponibile ridursi di 29 punti a causa dell’inflazione, oltre il doppio rispetto alle famiglie del Centro-Nord. Questa erosione del potere d’acquisto aumenta ulteriormente le disuguaglianze regionali, evidenziando l’importanza di interventi governativi uniformi che possano mitigare tali impatti.

Infrastrutture e trasporti: un divario da colmare. Secondo l’Istituto di Ricerca Aforisma le differenze infrastrutturali tra Nord e Sud sono significative. Il Nord Italia dispone di una rete ferroviaria ad alta velocità, mentre il Sud è in difficoltà sia per quanto riguarda la rete ordinaria che quella locale. Nonostante una crescita negli aeroporti del Sud, in particolare in Puglia, le disparità nelle infrastrutture di trasporto contribuiscono a perpetuare le disuguaglianze economiche e sociali.

Quale può essere l’incompatibilità con l’Obiettivo 10 dell’Agenda 2030? «L’Obiettivo 10 dell’Agenda 2030 mira a ridurre le disuguaglianze all’interno e tra i paesi – continua il Presidente dell’Associazione Next Eu – promuovendo inclusione sociale, economica e politica per tutti. L’autonomia differenziata, se mal gestita, rischia di aumentare le disuguaglianze tra le regioni italiane, rendendo più difficile raggiungere questo obiettivo. La frammentazione delle politiche economiche e industriali potrebbe impedire una strategia nazionale efficace, peggiorando ulteriormente la competitività italiana rispetto all’Europa».

Goal 10 Agenda 2030: punti 10.3 e 10.4. L’autonomia differenziata, che prevede una devoluzione di maggiori competenze e risorse alle regioni, pone questioni rilevanti rispetto agli obiettivi di uguaglianza sociale definiti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In particolare, i punti 10.3 e 10.4 dell’Agenda sottolineano la necessità di assicurare pari opportunità, ridurre le disuguaglianze nei risultati e adottare politiche fiscali, salariali e di protezione sociale che promuovano una maggiore uguaglianza. Analizziamo come l’autonomia differenziata possa entrare in conflitto con questi obiettivi.

10.3: Assicurare pari opportunità e ridurre le disuguaglianze. Il punto 10.3 dell’Agenda 2030 pone l’accento sull’eliminazione di leggi, politiche e pratiche discriminatorie, nonché sulla promozione di legislazioni e azioni che garantiscano pari opportunità. L’autonomia differenziata può creare disparità significative tra le regioni, specialmente se alcune di esse acquisiscono competenze e risorse aggiuntive che altre non possono ottenere. Questo scenario può portare a una frammentazione del sistema legale e amministrativo, dove i diritti e i servizi variano significativamente da una regione all’altra.

10.4: Politiche fiscali, salariali e di protezione sociale per la maggior uguaglianza. Il punto 10.4 dell’Agenda 2030 enfatizza l’importanza di politiche fiscali, salariali e di protezione sociale per ridurre le disuguaglianze. L’autonomia differenziata, permettendo a regioni più ricche di trattenere maggiori risorse fiscali, può aggravare le disuguaglianze economiche tra le diverse aree del paese. Le regioni meno sviluppate potrebbero trovare difficoltà a finanziare adeguatamente i servizi pubblici essenziali, come la sanità e l’istruzione, amplificando ulteriormente le disparità esistenti.

Facciamo alcuni esempi. Sponziello prosegue con alcuni esempi. «Per quanto riguarda la sanità e istruzione, alcune regioni con maggiore autonomia e risorse potrebbero offrire servizi sanitari e scolastici di qualità superiore rispetto a quelle con meno risorse. Questo contrasta con il principio di uguaglianza d’accesso a servizi fondamentali per tutti i cittadini. Inoltre la capacità di alcune regioni di modulare in modo differenziato le politiche fiscali potrebbe creare un ambiente competitivo sfavorevole per le regioni meno dotate di risorse naturali o economiche, accentuando le disuguaglianze economiche tra le diverse aree del paese. Infine, sempre e solo a titolo esemplificativo, per quanto riguarda la protezione sociale più in generale la disparità nelle risorse disponibili per le politiche di protezione sociale tra le diverse regioni può portare a un livello di benessere sociale disomogeneo, dove i cittadini di alcune regioni godono di una rete di sicurezza sociale più robusta rispetto ad altri. Altra conseguenza potrebbe essere lo scoraggiamento all’investimento da parte di imprese sia italiane che straniere ad investire in Italia viste competenze e regolamenti differenziati tra regione e regione.»

Vede quindi incoerenza con le politiche di coesione, sostenibilità e fattori ESG? «L’assenza di standard nazionali uniformi, che potrebbe derivare dall’autonomia differenziata, renderebbe difficile la valutazione delle performance ESG (Environmental, Social, and Governance) su base comparativa. Ciò potrebbe creare disparità di attuazione e impatti ambientali e sociali ineguali tra le diverse regioni, contraddicendo gli obiettivi di sostenibilità e inclusione dell’Agenda 2030.» dice il docente dell’Università del Salento.

Governance differenziata anacronistica quindi? «Introdurre un sistema di Governance territoriale di questo tipo sembra essere anacronistico e in forte contrasto con i processi di globalizzazione mondiale economica e non solo. Affrontare le sfide dell’autonomia differenziata richiede un delicato equilibrio tra autonomia regionale e coerenza nazionale. È fondamentale implementare un robusto sistema di monitoraggio e supporto per garantire che tutte le regioni possano contribuire efficacemente agli obiettivi di sostenibilità. Solo con un approccio coordinato e inclusivo sarà possibile ridurre le disuguaglianze e promuovere una crescita sostenibile per l’intera nazione. L’autonomia differenziata, – conclude Sponziello – se non gestita correttamente, potrebbe essere incompatibile con l’Obiettivo 10 dell’Agenda 2030, mettendo a rischio gli sforzi per una coesione sociale e territoriale efficace in Italia.»

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