Il Disegno di legge delega di riforma fiscale derivante dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e che il Governo ha approvato il 05 ottobre 2021, prevede la riforma della riscossione esattoriale che, attualmente, penalizza fortemente il cittadino – contribuente e favorisce al massimo le richieste fiscali.
Indice dei contenuti:
QUANDO IL FISCO INCASSA
Quando il fisco iscrive a ruolo la liquidazione delle imposte (art. 36 – bis D.P.R. n. 600/1973) pretende dal contribuente moroso, anche per motivi di forza maggiore (per esempio, crisi economica, crisi del settore, pandemia ecc.), le seguenti percentuali sull’imposta non versata:
4% annuo, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna all’agente della riscossione dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte (art. 20 D.P.R. n. 602/1973 e art. 2 D.M. del 21 maggio 2009);
4,5% annuo, sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso (art. 21 D.P.R. n. 602/1973 e art. 3 D.M. del 21 maggio 2009);
2,68% annuo, decorsi inutilmente i 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, escluse le sanzioni e gli interessi, gli interessi di mora si applicano a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento (art. 30 D.P.R. n. 602/1973);
30%, sanzione per ritardati od omessi versamenti diretti (art. 13, primo comma, D.Lgs. n. 471/1997);
6%, aggio (oggi onere della riscossione) a carico totale del contribuente debitore, che non versa entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, sulle somme iscritte a ruolo e sui relativi interessi di mora riscossi (art. 9 D.Lgs. n. 159 del 24/09/2015).
Totale 42,68% sull’importo non versato.
A tal proposito, occorre precisare che, sino ad oggi, il fisco ancora non ha rispettato le seguenti disposizioni normative:
- si premette che il tasso degli interessi legali (art. 1284 c.c.) è variato nel corso degli anni (per esempio, 0,30% per il 2018, 0.80% per il 2019, 0,05% per il 2020 e 0,01% per il 2021;
- la misura degli interessi fiscali per la riscossione ed i rimborsi di ogni tributo è sempre determinata nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto ai suddetti tassi di interesse fissati dall’art. 1284 c.c. (art. 13, primo comma, Legge n. 133/1999); il fisco non si è mai adeguato a quanto sopra, tanto è vero che per l’anno 2021 continua ad applicare l’interesse del 4%, quando, invece, dovrebbe essere il 3,01%;
- in ogni caso, con Decreto Ministeriale, il tasso di interesse fiscale deve sempre essere determinato per la riscossione ed i rimborsi, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in misura compresa tra l’01 per cento ed il 3 per cento al massimo (art. 37 D.L. n. 124/2019, convertito, con modifiche, dalla Legge n. 157/2019); il succitato Decreto Ministeriale sino ad oggi non è stato ancora emanato.
QUANDO IL FISCO RIMBORSA
Musica totalmente diversa quando il fisco deve rimborsare.
Infatti:
- gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata (artt. 44 e 44-bis D.P.R. n. 602/1973) sono dovuti nella misura del 2% annuo e dell’1% semestrale a decorrere dall’01 gennaio 2010 (art. 1, primo comma, Decreto Ministeriale del 21 maggio 2009);
- in ogni caso, si esclude sempre il primo semestre e l’ultimo semestre in cui l’ordinativo è emesso (artt. 44 e 44-bis D.P.R. n. 602/1973);
- non è ammesso l’anatocismo di cui all’art. 1283 c.c. (art. 37, comma 50, D.L. n. 223/2006, convertito dalla Legge n. 248/2006);
- anche per gli interessi da calcolare sui rimborsi non sono stati rispettati i limiti e le condizioni delle disposizioni normative già citate ai numeri 2 e 3 della precedente lettera A);
- per il ritardo del pagamento dei rimborsi non sono previsti a carico del fisco né interessi di mora né sanzioni.
CONCLUSIONI
Alla luce di quanto succintamente sopra esposto, è auspicabile che, in sede di approvazione della delega, il Parlamento corregga le succitate storture e, per quanto riguarda almeno gli interessi, metta sullo stesso piano il fisco ed il cittadino – contribuente.
Infine, è necessario che si riformi subito l’aggio (come più volte sollecitato dalla Corte Costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 120/2021), per esempio affidandolo alla fiscalità generale.